La primavera scompone aspettative e malinconia a pezzetti, ritaglia angoli dai ricordi e li incolla sulle pagine del diario.
Dici dieci anni fa e poi ti accorgi che sono venti.
Dicevano che il tempo è un bastardo, la letteratura ha sempre ragione.
Di W. ricorderò sempre che non si faceva chiamare con il suo nome, sui volantini delle discoteche. Ne aveva scelto uno che ci assomigliava, ma non era il suo. Era una primavera piovosa anche quella, ma non faceva tutto questo freddo. Lei faceva l’alba ballando vestita da sposa, io mi alzavo alle sette e andavo a scuola, alle quattro del pomeriggio mi chiamava e non aveva ancora mangiato, io andavo a casa sua e le facevo la bistecca.
Quando veniva da me si incazzava perché camera mia era in un caos perenne, mi aveva costretta a mettere tutte le sue lettere ordinate in una scatola.
Sono ancora tutte nelle scatola, le tue lettere, W.
Sono ancora tutte in ordine, nel disordine del tempo.
A F. non ho mai chiesto cosa volesse dire quel messaggio, il cavallo in D9.
L’ho letto ubriaca nel controviale di corso San Maurizio – era sempre primavera, pioveva anche allora, perché adesso ci lamentiamo? Ha sempre piovuto e la città scintillava, eravamo noi a non sentire il freddo, the rain was never cold when I was young, anche la musica ha sempre ragione.
Avevo letto il messaggio con il cavallo in D9, avevo chiesto a Sau che era con me, ma che cosa vuol dire? non lo sapeva neanche lei. Fosse successo già solo qualche anno dopo avremmo googlato, o forse fossi stata più previdente avrei imparato a giocare a scacchi, nella vita, sai mai che cosa ti torna utile, e invece.
Non te l’ho mai chiesto che cazzo ci faceva ‘sto cavallo in D9, F., e poi è stato troppo tardi, e non sono nemmeno sicura che fosse 9 o un altro numero, adesso che i ricordi svaniscono nella foschia degli anni.
Mentre la consapevolezza che le cose che vuoi dire o chiedere è meglio farlo subito perché poi non si sa mai, quella non svanisce, e dovremmo usarla più spesso, per non farci mordere da piccoli rimpianti quando la vita ci prende in contropiede.
Di B. ricorderò sempre molte cose importanti e meravigliose, ma la più stupida è che mangiava sempre un pezzetto di pane dopo il dolce. Un frammento appena. Io ero bambina e non capivo come si potesse cancellare lo zucchero con la mollica, lui mi diceva, non c’è un perché, mi piace così.
A B. ho sempre fatto un sacco di domande, e anche quando ero molto piccola, e mi ha sempre risposto prendendomi sul serio.
Mi ha presa sul serio anche quando avevo deciso che volevo fare la cantante suscitando l’ilarità generale, mi ha regalato una chitarra, io non ho mai conosciuto nessun altro che avrebbe potuto regalare una chitarra a una bambina stonata e completamente inetta come me, solo lui.
Non ho mai imparato a suonarla e per il bene dell’umanità non ho neanche mai cantato, mi è rimasta però quella consapevolezza, che per quanto assurdi fossero i miei sogni e le mie domande, lui era disposto a dar loro una chance.
Tu hai visto in me anche cose che non ci sarebbero mai state, B., perché nella vita, dicevi, non si sa mai.
Di M. ricorderò sempre che avanzava sempre mezza tazzina di caffè. E io la volta dopo gliene mettevo meno, e lui ne lasciava sempre comunque un po’, e ci ho messo mesi a capire che non era questione di quanto ne versassi, era più una cosa di non berlo tutto.
Ma non ricordo invece se mi desse fastidio, mi facesse sorridere, o semplicemente lo accettassi come qualcosa che avrebbe sempre fatto, che aveva sempre fatto, dal giorno uno in cui aveva iniziato a bere il caffè.
Ed è strana questa cosa di ricordare le persone per dei gesti staccati da tutto il contesto, per dei dettagli del tempo che abbiamo trascorso insieme, e che davvero non hanno alcun significato se non quello che ricostruiamo a posteriori, quando in primavera fuori la pioggia cade e fa rumore e sembra durare per sempre.
Ma non può piovere per sempre, diceva quel famoso film, e se abiti a Torino l’affermazione può sembrarti controversa, ma oh, se hai deciso che ti vuoi fidare della letteratura, e della musica, allora ti fidi anche del cinema, metti nello zaino l’ombrello insieme ai ricordi, le cuffie nelle orecchie, esci di casa e vai.